Erre giugno 2014 - page 16

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e - m a i l : p o s t a @ e r r e - e r r e . n e t
lle prese con la legatura delle viti, nei mesi che dall’in-
verno dischiudono la primavera, in questa fotografia in
bianco e nero si può riconoscere l’inconfondibile barba
bianca del ravinoto Renato Cattoni, organizzatore tra anni Ot-
tanta e Duemila dei campeggi parrocchiali e ancora oggi impe-
gnato nell’animazione musicale della comunità di Ravina.
Lo scatto, risalente a pochi anni fa, è stato commissionato e
scelto dalla Cantina Sociale di Trento – Le Meridiane (nata
nell’ottobre 1956 per iniziativa di 11 agricoltori della città) per
una campagna pubblicitaria che ne ha rilanciato le ambizioni
nel 2009 con l’inaugurazione della nuova sede a Trento sud.
Oggi, oltre che negli store della cantina, può così capitare
di incontrare Renato Cattoni anche tra gli sponsor del nuovo
MUSE di Trento!
A. P.
osì si intitola il repor-
tage di sette fotogra-
fie scattate tra 2008
e 2013 dal fotografo Gianni
Zotta per la mostra «Paesag-
gio trentino trasformato»,
organizzata dall’Associazione
ltalia Nostra onlus per i 50
anni dalla fondazione della
sezione trentina (1963) ed al-
lestita all’aperto in piazza Ce-
sare Battisti a Trento per tutto
il mese di aprile 2014.
Il progetto ha coinvolto al-
tri 6 professionisti trentini
(Paolo Calzà, Piero Cavagna,
Giulio Malfer, Floriano Me-
napace, Matteo Rensi e Paolo
Sandri), che, con altrettanti
sette scatti ciascuno, hanno
documentato significative mo-
difiche intervenute di recente
nell’ambiente naturale, nei
centri storici, nelle aree agri-
Una barba come testimonial
Il pugno nell’occhio, il pelo sullo stomaco
cole, nei nuovi insediamenti e
in seguito alla realizzazione di
infrastrutture.
Tra i casi di paesaggio stravol-
to, Zotta ha presentato uno
scatto aereo datato 2008 raf-
figurante i magazzini Cavit in
costruzione, dove è evidente
la pesante intrusione cemen-
tizia ai confini dell’abitato di
Ravina, come sottolineato
nella didascalia («non è quel-
lo che si dice un inserimento
morbido nel contesto urba-
no»).
Nulla di più immediato di una
fotografia evidenzia lo shock
paesaggistico provocato dal
grande magazzino Cavit, che,
ad anni di distanza, è divenu-
to ormai presenza – ahimé –
familiare nell’attendere l’arri-
vo del verde al semaforo di via
delle Masere.
A. P.
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